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giovedì 19 luglio 2012

Diffida ad adempiere inviata dall’avvocato: invalida se non c’è anche la firma del cliente

Diffida ad adempiere inviata dall’avvocato: invalida se non c’è anche la firma del cliente

La diffido ad adempiere al contratto e alle obbligazioni che ne discendono, entro e non oltre il termine di quindici giorni dal ricevimento della presente…”: una classica diffida ad adempiere, inviata dall’avvocato alla controparte inadempiente… Ma questa lettera può non avere alcun valore, secondo la Cassazione, se non contiene anche la firma del cliente, con cui quest’ultimo dà prova di aver conferito mandato al proprio legale.

È questo l’ultimo orientamento della Suprema Corte [1] in tema di diffide ad adempiere: ossia quegli atti formali, di solito inviati a mezzo di raccomandata a.r., con i quali si intima a una persona di compiere o non compiere una determinata azione e con cui si avverte quest’ultima che, in mancanza di obbedienza, il contratto si considererà sciolto e si procederà ad adire il giudice. In parole semplici, la diffida ad adempiere è una dichiarazione scritta, con cui una parte intima all’altro contraente di rispettare un suo obbligo. Se la controparte non adempie il suo obbligo, il contratto si intende risolto.

Nella dichiarazione scritta occorre indicare un congruo termine, non inferiore a 15 giorni, entro cui si intima l’adempimento. Può essere indicata una scadenza di durata inferiore, se questa è frutto di un accordo tra le parti.

La Suprema Corte, sul punto, non è stata sempre d’accordo con sé stessa e, in passato, ha offerto soluzioni diverse [2] al problema.
Oggi però i giudici hanno sposato l’orientamento più rigoroso: è necessario che la procura, rilasciata dal cliente al proprio avvocato – con cui si chieda a quest’ultimo di intimare alla controparte l’adempimento di un contratto – sia rilasciata per iscritto ed essa risulti nella stessa lettera di diffida, visibile alla controparte. Ciò in ragione dell’importante conseguenza che la diffida è suscettibile di provocare: quella della risoluzione automatica di un rapporto giuridico tra due soggetti.



[1] Cass. sent. n. 14292 del 15 giugno 2010.
[2] Un primo orientamento si era formato con la sent. n. 1447 del 25.03.1978 con cui la Cassazione aveva stabilito che la procura, affidata dal cliente al proprio avvocato, deve risultare per iscritto ed essere allegata alla diffida medesima o comunque essere portata a conoscenza dell’altra parte. Un secondo orientamento, sancito con la sent. n. 5641 del 26.06.1987 aveva, al contrario, ritenuto non necessario l’obbligo di documentare la procura, sia pure con riferimento ai contratti che prevedono l’obbligo della forma scritta. Una posizione intermedia l’aveva poi assunto la sent. n. 9085 del 1.09.1990, in cui si era precisato l’obbligo della procura sulla diffida solo con riferimento ai contratti con forma scritta ad probationem e ad substantiam.




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